Gli attrezzi sono meglio delle regole (cinque anni dopo)
Sono molto affezionata al libro Writing Tools, 50 essential strategies for every writer di Roy Peter Clark (Little, Brown and Company 2006).
I suoi attrezzi per scrivere bene mi accompagnano fin dal 2002, quando erano solo 30, pubblicati uno per uno sul sito del Poynter Institute. Nel tempo sono aumentati, sono diventati un libro, un blog, una serie di podcast.
Mi piacciono gli attrezzi, ma soprattutto mi piace lo spirito con il quale Clark li ha concepiti e continua ad aggiornarli.
La scrittura è un mestiere che assomiglia molto alla falegnameria: ogni autore ha bisogno del suo tavolo da lavoro con gli attrezzi, da scegliere e utilizzare a seconda del particolare lavoro da svolgere.
Gli attrezzi - non le regole! precisa Clark - possono e devono essere condivisi, come in una bottega artigiana. Ma, al contrario di chiodi, sega e martello, gli strumenti dello scrittore e del giornalista non vanno restituiti: passando di mano in mano non si rovinano, né si perdono, anzi diventano sempre più efficienti e precisi.
Il web è una grande officina collettiva. I primi 30 attrezzi li avevo liberamente tradotti cinque anni fa e pubblicati su questo sito.
Li ho rivisitati uno per uno e ho aggiunto gli altri 20.
In realtà, Writing Tools è un libro che mi sarebbe tanto piaciuto tradurre in italiano. Ma la traduzione è impossibile: per ogni attrezzo Clark chiama a raccolta una gran quantità di testi di famosi scrittori e giornalisti, contemporanei e del passato. Tutti in inglese. Gli esempi funzionano solo nella lingua originale.
Quindi i 50 attrezzi possono solo essere reinterpretati alla luce del nostro contesto e della nostra lingua. E, naturalmente, essere nuovamente condivisi.
Eccoli.
FERRI DEL MESTIERE
1. All'inizio erano il soggetto e il verbo.
Tutte le subordinate lasciamole alla nostra destra. Una frase può anche essere molto lunga, ma risulta comunque più chiara quando soggetto e verbo anticipano subito tema e significato.
Un attrezzo cui ricorrere quando siamo tentati di cominciare un periodo con una subordinata: non arrivare al dunque è come lasciare il lettore con il fiato sospeso. Un'operazione allettante, che però richiede la perizia di uno scrittore di gialli anche in siti e brochure.
2. L'enfasi che nasce dall'ordine.
Le parole più importanti è meglio metterle all'inizio della frase, oppure alla fine. Il punto fermo è come un segnale di stop: ogni parola che viene dopo è come se ci dicesse "guardami". Se invece è l'ultima di un capoverso o di un intero testo, il suo ricordo resterà più a lungo con noi.
3. I verbi, una concentrazione di energia.
Preferiamo sempre i verbi alle nominalizzazioni, usiamoli alla forma attiva e abbondiamo con gli infiniti, pieni di forza, di azione e di energia. Risparmieremo molte parole inutili e metteremo sempre in evidenza il soggetto, ovvero noi stessi, i nostri prodotti, la nostra azienda. Come scrive Alessandro Lucchini "un verbo vale più di due nomi, quattro aggettivi e otto avverbi messi insieme, perché sa esprimere in una sola parola i nostri pensieri e i nostri sentimenti".
4. La sindrome passivo-aggressiva.
Se invece scegliamo il passivo, facciamolo sempre a ragion veduta, cioè per evidenziare con chiarezza "chi è la vittima" dell'azione.
5. Diluilmente lunghi.
Attenzione agli avverbi. Troppo spesso diluiscono il significato del verbo e gli impediscono di sprigionare tutta la sua forza. "Il palazzo è stato completamente distrutto", "sono assolutamente d'accordo" vanno bene nella cronaca in diretta e nel contesto di una riunione, meno nel testo di un articolo o di un verbale.
6. Scrivendo scrivendo...
Il gerundio raramente serve davvero. Più spesso complica la sintassi, appiattisce il suono, introduce quel sapore di burocratese di cui anche gli uffici pubblici fanno ormai volentieri a meno.
7. Il fascino dei lunghi viaggi.
Anche se nella scrittura professionale si raccomanda di scrivere frasi brevi, non bisogna affatto temere quelle lunghe. Sono le frasi che fanno viaggiare il lettore, approfondire linguaggio e significato.
8. Svolte improvvise.
Creare parallelismi e simmetrie, nella sintassi e nel lessico, aiuta la comprensione, soprattutto per temi e ragionamenti complessi.
Ma il lettore, dopo le strade dritte e tracciate, ama anche essere sorpreso da una svolta improvvisa, un cambio di direzione.
9. I ritmi e gli spazi della punteggiatura.
La punteggiatura dà il ritmo e crea paesaggi per la lettura. Una lunga frase senza virgole che corre verso il punto è come un'autostrada, una con molti incisi è come una strada di montagna piena di tornanti. Ci affanniamo verso la cima, per goderci la sorpresa di quanto ci aspetta dopo il valico.
10. L'arte della potatura.
La revisione è soprattutto questione di tagli. Come nel giardinaggio, prima si tagliano i rami, poi si rifilano le siepi e si sgrullano via le foglie secche. Dal lavoro più grossolano a quello più sottile.
EFFETTI SPECIALI
11. Meno tecnici, più semplici.
Proprio dove il tema e i ragionamenti si fanno più complessi, ci aiuta ricorrere a parole, frasi, paragrafi semplici e brevi.
Usare gerghi e tecnicismi significa adagiarsi sul già noto; sforzarsi di trovare una parola semplice, ma ugualmente efficace, è un esercizio che ci costringe anche a pensare, a far chiarezza prima di tutto nella nostra testa.
12. Repetita iuvant.
La ripetizione dà fastidio solo quando non è intenzionale. Scegliere invece di ripetere le parole chiave lungo un testo aiuta a "incatenarne" le diverse parti/frasi, ad attirare continuamente l'attenzione sugli elementi e le informazioni più importanti.
13. Giochi di parole.
Proviamo a giocare con le parole, anche in testi molto seri.
I luoghi migliori per giocare sono i titoli e i sottotitoli, dove è lecito e raccomandabile sbizzarrirsi, andando ad attingere fin nei recessi del nostro vocabolario. Perché quando leggiamo è vasto come il mare e quando scriviamo si restringe a una pozzanghera?
14. Qual è il nome del cane?
Cerchiamo sempre di essere concreti e specifici: in un articolo di cronaca, il nome del cane che ha morso il bambino, in una brochure il nome del prodotto che stiamo illustrando.
E se il nome del cane ci aiuta a immaginare e vedere la storia, il nome del prodotto è bene ripeterlo fino alla nausea, senza sinonimi e senza scorciatoie.
15. I nomi sono importanti.
Nomen est omen, dicevano i romani: il nome è un presagio, un destino. Non trascuriamo il suono e il significato dei nomi. Sia quando citiamo dei nomi veri - di aziende, persone, prodotti -, sia quando sta a noi crearli e inventarli. Nominare, in tutte le culture, è come infondere la vita.
16. Questa l'ho già sentita.
Abbasso i cliché, viva le immagini e le espressioni originali. Se ci capita di scrivere in un articolo "una valanga di voti" e nella intranet aziendale "la squadra vincente", è ora di correre ai ripari: facciamo una lista di parole e sinonimi, lasciamoci andare alle libere associazioni, scartabelliamo dizionari, facciamo qualche bel giochetto linguistico.
17. Ripartiamo dalla creatività altrui.
Per giocare con il linguaggio, leggiamo con gusto e curiosità quanto scrivono gli altri. Annotiamo quanto ci piace e ci stimola: liste di parole, neologismi, assonanze, soluzioni testuali sorprendenti da reinterpretare e riproporre anche nei nostri testi.
18. La chiarezza imposta dal ritmo.
Se la frase è breve, il lettore si muove più piano. E si prende tutto il tempo necessario per pensare, assimilare, confrontare, imparare.
Anche le frasi lunghe portano chiarezza, perché trascinano rapidamente il lettore verso la comprensione, ma devono essere perfette in quanto a scorrevolezza e fluidità.
19. Pause per la mente e per gli occhi.
Anche la lunghezza dei paragrafi è importante e non va lasciata al caso. Un paragrafo è una unità narrativa a sé: può essere molto lunga, ma anche brevissima per inchiodare il lettore.
Senza dimenticare l'effetto visivo di pause e spazi: la forma e l'equilibrio di testo e bianco non è solo della poesia, ma anche della prosa.
20. Uno, due, tre... quattro!
Il numero degli esempi e degli aggettivi che utilizziamo fa la differenza: uno spiega, due divide, tre contestualizza, e a quattro siamo all'inventario.
21. Sul palcoscenico, dietro le quinte.
Quanto e quando deve apparire la voce narrante, la personalità dell'autore nel giornalismo e nella scrittura professionale? Meglio scomparire e lasciare che la storia si dipani da sé se il tema è serio, il racconto drammatico e ricco di colpi di scena (un reportage, un case study), meglio fare capolino e strizzare personalmente l'occhio al lettore se il tema è leggero e giocoso.
22. Su e giù per le scale.
Descrivere e raccontare non basta, bisogna anche mostrare.
Per questo c'è la "scala dell'astrazione", che va percorsa rapidamente in su e in giù. In basso ci sono gli oggetti e le cose, in cima le idee e i concetti. In mezzo c'è il regno del gergo e della burocrazia, delle "monete divisionali", delle "ampie gamme di prodotti", delle "firme in calce". Da saltare a pie' pari, per mescolare invece con sapienza le cose e le idee.
23. In viva voce.
Date ai vostri siti, brochure, newsletter - insomma alla vostra azienda - una vera "voce", vivace e inconfondibile. Chi legge deve avere la sensazione che state parlando proprio a lui, con un linguaggio che gli è vicino. Rileggete tutto ad alta voce per convincervene.
Se poi avete un blog aziendale, la voce è d'obbligo: i mercati sono conversazioni.
METODI
24. L'indice di un buon progetto.
Ogni buona storia ha un indice, che ne riassume l'andamento capitolo per capitolo. Titoli e sottotitoli: tracciare il nostro indice ancor prima di scrivere ci aiuterà a tenere la rotta. Dopo, servirà al lettore, sia sulla carta sia sul web.
25. La differenza tra un report e una storia.
Da una parte le informazioni, dall'altra un'esperienza. Il report per sapere, la storia per vivere e rivivere.
Se riusciamo a mescolare i due generi, arriviamo alla testa e al cuore. E allora possiamo sciogliere così le 5 W del giornalismo:
Who diventa il Personaggio
What diventa l'Azione
Where diventa l'Ambientazione
When diventa i Tempi
Why diventa la Motivazione del Personaggio.
26. Il dialogo, forma di azione e fonte di informazione.
Come nei romanzi, anche nella scrittura professionale il dialogo, il discorso diretto, fa progredire la storia, e in più può:
> aggiungere credibilità attraverso una voce umana
> spiegare meglio qualcosa di importante
> contestualizzare un problema
> aggiungere informazioni
> rivelare il carattere di una persona
> annunciare cosa viene dopo.
27. Show, don't tell!
Dettagli, dialoghi, scene, definiscono un carattere o una situazione meglio di tanti astratti aggettivi. Così è per il racconto di un progetto di successo sull'intranet aziendale, per la lettera dell'amministratore delegato in apertura della relazione di bilancio, per un botta e risposta sul blog aziendale.
28. Illuminanti contrasti.
Serio e faceto, passato e futuro, astratto e concreto: i contrasti - di linguaggio, suoni, immagini - sono uno degli strumenti migliori per aiutare il lettore a capire e a ricordare.
29. Un antipasto di conclusioni.
I giornalisti anglosassoni lo chiamano il modello della "piramide rovesciata", che significa anticipare subito la notizia, la conclusione, per poi dare via via maggiori dettagli. Anche senza svelare tutto subito, disseminare il testo di indizi fin dall'inizio e far intuire dove stiamo andando è uno dei segreti per tenere viva l'attenzione del lettore.
30. Col fiato sospeso.
I meccanismi di attesa possono essere inseriti lungo tutto il testo. Possono scandirlo di capitolo in capitolo, come le puntate di una soap opera. La storia di una soluzione felice per un cliente, senza svelare subito il nome del prodotto. La corsa contro il tempo per partecipare a una gara raccontata sull'intranet. In una presentazione powerpoint, lo scenario futuro... se l'azienda prenderà una certa decisione piuttosto che un'altra.
31. Una domanda come chiave di accensione.
Tutte le storie hanno bisogno di un motore, una domanda chiave. Nella scrittura professionale la domanda può essere esplicita, diventare un titolo, campeggiare sulla prima slide di una presentazione, diventare la prima frase del discorso del presidente.
32. Monete d'oro.
Il sentiero narrativo va lastricato di monete d'oro, ovvero non giochiamoci all'inizio tutte le carte migliori, né lasciamole tutte alla fine. Dosiamo effetti, aneddoti e informazioni importanti lungo tutto il testo, così che il lettore non sia tentato di saltare nemmeno un capoverso.
33. Il ritmo della parola che ritorna.
La poesia ce lo mostra, la retorica ce lo insegna: la ripetizione di una parola nei punti cruciali di un testo è uno dei principali elementi del ritmo, e quindi della memoria. Da Dante a Martin Luther King.
34. Scrivo, dunque filmo.
La varietà crea sorpresa, assicura attenzione e fedeltà da parte del lettore. Meglio farlo da subito, con un incipit che cattura.
Per esempio, facendo "vedere" un problema, un prodotto o un'azienda da un diverso punto di vista, come attraverso una cinepresa. Invece che dalle frasi di rito, si può cominciare con un dettaglio, una panoramica, uno zoom, un protagonista che parla.
35. Come a teatro.
In un buon racconto, personaggi, ma anche aziende e prodotti, non vanno meramente descritti, magari con una bella dose di aggettivi e avverbi. E' meglio farli agire come su un palcoscenico. Più facile per un giornalista, meno per uno scrittore di impresa. Eppure, basta non elargire al potenziale cliente solo la solita lista di prodotti e servizi, ma accompagnarla con un caso molto concreto, con problema già risolto, la faccia simpatica e la viva voce di un professionista aziendale che si affaccia sul sito o racconta la sua esperienza sul blog.
36. Frullatore di stili.
Un verso che apre una brochure, un bilancio che racconta l'anno come un reportage, un sito che si sfoglia come un album, tutto foto e didascalie, la lettera aperta del presidente sul blog aziendale. Titoli calembour sugli articoli dell'intranet. Mescolare gli stili diverte chi scrive e sorprende chi legge.
37. Neanche una sillaba di spreco.
I testi brevi, si sa, sono tra i più difficili da scrivere. E anche da rivedere. In tutti i microcontenuti - titoli, sottotitoli, parole chiave, abstract, alt text, didascalie - ogni parola deve avere la sua funzione ed essere proprio quella giusta. Se serve, la lucidiamo con cura. Se non serve la tagliamo via.
38. Meglio gli archetipi degli stereotipi.
Anche nella scrittura professionale, non dimentichiamo mai il mito, il simbolo, la poesia, profondamente radicati in ognuno di noi.
I temi del ritorno a casa, del superamento degli ostacoli, della perdita e del ritrovamento, sono comuni anche al giornalismo e in qualche misura anche alla scrittura di impresa. Acquisire un importante contratto non è molto diverso dall'uscire vivi dalla fossa dei leoni e anche un gelido "case history" può diventare una bella storia a lieto fine.
39. Tutte le strade portano alla fine.
Che la fine sia annunciata, anticipata, lasciata intravedere o assolutamente sorprendente, ogni testo deve chiudere in modo naturale, senza sbrodolare o lasciare qualcosa in sospeso. Si può chiudere con: un payoff, una soluzione a un problema, una citazione, uno sguardo al futuro, una call to action.
BUONE ABITUDINI
40. A ogni progetto, la sua mission.
Per le aziende scriviamo spesso inutili mission. Molto più utile scriverla per noi qaundo iniziamo un nuovo progetto di scrittura, soprattutto se lungo e complesso. Ci aiuterà a tenere la rotta e a non dimenticare mai - tra mille stesure e ripensamenti - l'obiettivo che dobbiamo raggiungere.
41. La prova generale.
Mentre stiamo ancora pensando al nostro testo, cincischiando con scalette e mappe mentali, lottando con parole che non vogliono saperne di uscire, proviamo intanto a "rappresentarlo" a metterlo in scena nella nostra testa. È la prima maniera di scriverlo.
42. Presto e bene.
Il processo e i tempi della scrittura sono diversi per ciascuno di noi. C'è chi ama scrivere un testo con molto anticipo per avere tutto il tempo per una revisione di fino e chi invece produce i testi migliori quando ha il fiato della scadenza sul collo. Trovare un equilibrio tra queste due strade ci preserva dagli imprevisti, sempre in agguato.
43. Lettori consapevoli.
Abituiamoci a leggere (e a rileggere) tutti i testi in maniera consapevole. I nostri, ma soprattutto quelli degli altri. Se un libro o un articolo ci piacciono particolarmente, cerchiamo di capire il perché. Isoliamo ed esaminiamo quella soluzione testuale, smontiamola ben bene in modo da farla anche nostra.
44. Lo scrittore professionale non butta via niente.
Tutto può tornare utile, soprattutto nei momenti difficili: le mille revisioni di una brochure, un testo che non è piaciuto, un progetto di comunicazione troppo audace, un titolo scartato, la versione lunga di un discorso. Quando il tempo stringe e l'ispirazione non arriva, nel nostro magazzino di testi riusciamo sempre a recuperare e a riconfezionare qualcosa di buono.
45. Le tante piccole parti del grande.
Ogni grande progetto testuale fa paura quando è ancora un progetto. 10 capitoli? 400.000 battute? Un set di 8 brochure? Non ce la farò mai. Il segreto è dividere ogni progetto in tanti progetti più piccoli, da abbordare e completare uno per uno, anche in ordine sparso, a cominciare da quello che conosciamo meglio o ci piace di più.
46. Materie di confine, che passione!
Le parole non vivono da sole: chi scrive per lavoro collabora inevitabilmente con grafici, web designer, correttori di bozze, traduttori, esperti di marketing. Senza cambiare mestiere, appassioniamoci anche al mestiere degli altri, per trovare nuove fonti di idee e creatività.
47. Un editor per amico.
Una rete di familiari, amici e colleghi disposti a rileggere, discutere e criticare i nostri testi è un vero tesoro. Scegliamo i nostri editor con molta cura, preferibilmente sulla base della disponibilità e della pignoleria.
48. Rimandare le autocritiche.
Essere iperautocritici è una buona cosa, ma solo prima di metterci al lavoro o subito dopo, a prima stesura conclusa. Mentre si scrive, bisogna lasciarsi andare, altrimenti diventa impossibile anche buttare giù una sola riga.
49. Le critiche insegnano.
Non ci piaceranno, ma ogni critica va accettata o almeno tollerata, anche la più feroce. Contiene sempre un nucleo di verità da cui imparare qualcosa.
50. I tuoi attrezzi sul bancone.
Ora disponiamo i 49 attrezzi sul nostro personale bancone da lavoro e cominciamo a metterli nello scaffale giusto per poterli ritrovare appena ci servono.
A partire dalle etichette di base:
> sniffare (il tema giusto)
> esplorare (le idee)
> raccogliere (i materiali)
> trovare (un focus, un taglio)
> selezionare (il meglio)
> mettere in ordine (informazioni, dati, idee)
> scrivere (la prima stesura)
> rifinire (il testo finale).